Fui molto felice quando O-Sensei mi usò come uke per la prima volta. Mi sentii improvvisamente importante e pensavo che finalmente cominciavo ad essere trattato come uno studente anziano. Da quando ho cominciato ad essere uke ho cominciato anche a sentire la differenza tra il proiettare e l’essere proiettato. Per questo motivo pensavo di avere un vantaggio che altri non avevano.
Ai vecchi tempi, non si imparava a cadere come si fa ora. L’Ukemi era qualcosa che imparavi a forza di essere proiettato. Ciò che si imparava spontaneamente dall’essere proiettati era considerato un vero ukemi. Non penso che il metodo di insegnamento dell’Aikido fosse a quel tempo molto sistematico. O almeno poteva esserlo, ma io non l’ho notato. Quando O-Sensei veniva nel dojo, ci proiettava uno dopo l’altro e poi ci diceva di eseguire la stessa tecnica. All’inizio non sapevamo neanche che tecnica fosse. Quando praticavo con uno studente più anziano era prima lui a proiettarmi. Poi mi diceva, “Adesso tocca a te!”, ma io non sapevo cosa fare. Mentre mi sforzavo di proiettarlo, O-Sensei cominciava a dimostrare un’altra tecnica. Durante il primo periodo del mio allenamento, che durò molto a lungo, venivo proiettato e potevo sentirne il dolore. Mi ci vollero uno o due anni per cominciare a distinguere un po’ le tecniche...
Fui molto felice quando O-Sensei mi usò come uke per la prima volta. Mi sentii improvvisamente importante e pensavo che finalmente cominciavo ad essere trattato come uno studente anziano. Da quando ho cominciato ad essere uke ho cominciato anche a sentire la differenza tra il proiettare e l’essere proiettato. Per questo motivo pensavo di avere un vantaggio che altri non avevano.
RispondiEliminaAi vecchi tempi, non si imparava a cadere come si fa ora. L’Ukemi era qualcosa che imparavi a forza di essere proiettato. Ciò che si imparava spontaneamente dall’essere proiettati era considerato un vero ukemi. Non penso che il metodo di insegnamento dell’Aikido fosse a quel tempo molto sistematico. O almeno poteva esserlo, ma io non l’ho notato. Quando O-Sensei veniva nel dojo, ci proiettava uno dopo l’altro e poi ci diceva di eseguire la stessa tecnica. All’inizio non sapevamo neanche che tecnica fosse. Quando praticavo con uno studente più anziano era prima lui a proiettarmi. Poi mi diceva, “Adesso tocca a te!”, ma io non sapevo cosa fare. Mentre mi sforzavo di proiettarlo, O-Sensei cominciava a dimostrare un’altra tecnica. Durante il primo periodo del mio allenamento, che durò molto a lungo, venivo proiettato e potevo sentirne il dolore. Mi ci vollero uno o due anni per cominciare a distinguere un po’ le tecniche...