lunedì 3 gennaio 2011

La guerra di Piero

 

piero

Questo è un articolo che ho scritto qualche mesetto fa, mi sarebbe piaciuto pubblicarlo ma lo scrissi con molta foga e come risultato ebbi un testo molto rabbioso. A mesi di distanza lo riprendo e con una buona dose di autocritica l'ho riscritto…


Dopo l'articolo del tg1 sulla ginnastica geriatrica alla moda con una comoda giacca bianca e larghi pantaloni neri, volevo scrivere 4 righe per sfogarmi dell'ennesima "incomprensione" di cui sono stato protagonista oggi.
Questa, a differenza dell'incompetenza del giornalista (del tipo, facciamo un articolo tanto per riempire un paio di minuti), è una (a mio avviso) grave mancanza dell'aikidoka medio.
E dopo sto giro di parole allucinante vi chiederete.. qual'è? Momento che ci arrivo: la convinzione che l'aikido, debba essere necessariamente uno strumento di difesa/offesa.
Si abbandona l'unico e fondamentale messaggio che ci ha lasciato O' Sensei, cioè del raggiungimento dell'equilibrio con se stessi e con l'universo; ridurre il proprio ego e coinvolgere ciò che ci circonda con un abbraccio; tutto ciò meditando con il movimento di una splendida arte marziale.
Almeno io la vedo così, l'aikido non è il fine, ma il mezzo.
Questo ragionamento mi è saltato fuori mentre stavo praticando oggi pomeriggio.. ovviamente non vi dirò né dove e né chi coinvolge questo racconto.
Il maestro spiega la tecnica Katatetori Ikkio (VI kiu), per una duplice ragione: insegnarla ai nuovi iscritti e per vedere l'avanzamento degli "esperti". Io mi trovo a praticare con il tipico ciocco di legno, convinto che bisogni per forza rompere gli zibibbi ad ogni costo e con un ego grosso quanto una casa; il risultato di questo copione trito e ritrito è che io non riesco ad eseguire bene la mia tecnica, e lui la fa altrettanto male.
Mi permetto di fargli notare un paio di particolari e mi fa: "così come dici tu la tecnica non funziona; l'ho già provata così e non funziona..".. E grazjj o' cazz (scusate il francesismo)! Con dei manichini come te una tecnica del genere non è necessaria! Se veramente fossimo in mezzo ad una strada non mi farei mai prendere il polso, e se anche lo facessi e ti mettessi in guardia pinocchio, ti cecherei subito subito gli occhi e non starei a perdere tempo con te!
E dopo il "vai a quel paese" in formato famiglia che ho riassorbito, ho continuato a praticare un po più morto dentro..
Il vecchio adagio lo diceva sempre.. a lavare la capa al ciuccio si perde l'acqua e il sapone!
La morale è.. cercate dentro di voi per quale ragione praticate aikido. Se per caso volete una attività che vi faccia diventare dei piccoli protagonisti dei film di Steven Seagal (perchè in realtà lui così non è), cercate altrove.

Piero

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Ne convengo,hai pienamente ragione!

Io comunque ora faccio cosi’:

se incontro il furbo di turno che assomiglia a quello tuo, eseguo questa routine ormai classica:

  1. Lo avviso che non stiamo praticando muro-contro-muro, se capisce, la storia finisce lì, se non capisce si passa alla fase successiva
  2. faccio finta di voler eseguire ikkyo  con tutte le mie forze, il pollo abbocca ed io gli invio un bel kote gaeshi formato affammoccaccitebbiv. In genere arrivati a questo punto non c’è più bisogno di passare alla fase seguente che sarebbe…
  3. estrarre una P38 special con proiettili incamiciati e poi colpirlo sulla mano con …il calcio della pistola !Arrabbiato

4 commenti:

  1. Sono d'accordo su tutta la linea.
    Mi permetto solo di aggiungere una riflessione: tutti quanti ogni tanto in qualche forma mettiamo il nostro "ego grande come una casa" nella pratica. Magari non nella modalità così palese del praticante che hai incontrato tu sul tatami.
    Mi viene da pensare che anche una correzione può essere percepita come una "violenza" se non è richiesta o se la persona non è di buzzo buono, e io spesso mi accorgo di aver dato un consiglio non richiesto solo dopo aver parlato (e mica solo al dojo ;) ).
    Questo ovviamente non si applica nel caso in cui una persona stia facendo la tecnica in modo da far male all'altro.
    Ma forse sto spaziando verso un altro argomento...

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  2. amore, solo amore. . . .

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  3. Vero, il consiglio spesso è il nostro ego che ci dice "quello sta sbagliando e io sono tanto figo che lo posso correggere", ma viceversa, quando si è più esperenziati è stupido far reiterare l'errore solo per la pigrizia di non aver voluto parlare. Poi come ogni cosa, il mondo dell'aikido è vastissimo e ogni maestro lo vede in maniera diversa. Quindi.. si rischia di correggere cose che per noi sono sbagliate, ma non per la persona a cui ci rivolgiamo.
    Io per evitare qualsiasi problema e travasi di bile, se il maestro non interviene, e se so che il mio consiglio non è gradito, adotto la filosofia "mastigrancazzi!!!". Tanto, anche parlando non cambierebbe nulla.. :D

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  4. 4. Chiamate me ( Roberto V.)

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